La pasta antimagnetica Zimmerit venne inventata dall’industria bellica tedesca durante la seconda guerra mondiale per far fronte all’uso, da parte della fanteria nemica, di mine magnetiche o adesive contro gli assalti delle proprie truppe corazzate impegnate nella tattica della “Blitzkrieg“, la “Guerra Lampo” di Hitler.
Fortunatamente le sorti della guerra cambiarono e con l’autunno del ’44 questa pratica venne abbandonata poichè si passò da una strategia offensiva ad una difensiva in cui i mezzi corazzati venivano prevalentemente impegnati in azioni di imboscata.
In pratica si trattava di una particolare pasta a base cementizia simile a stucco che veniva stesa sulle principali superfici verticali (e talvolta anche orizzontali) dei mezzi corazzati, applicata direttamente in fabbrica in spessori variabili che raggiungevano circa 12 mm.
Questo strato veniva poi testurizzato in diversi modi, tra cui quello più caratteristico era il motivo scalettato orizzontale, attraverso l’uso di spatole con o senza denti. In realtà ci sono esempi di diversi motivi riprodotti che vanno dalla scalettatura orizzontale a quella verticale, al motivo a mattonella o quadrettato, con o senza picchiettature o fori regolarmente disposti all’interno dei riquadri, fino ad un corrugato assai grezzo, probabilmente nei casi di esecuzione di questo trattamento direttamente sul campo. In alcuni casi sono documentati trattamenti misti con diverse tecniche sullo stesso mezzo.
Sarà pertanto necessario dotarsi di buona documentazione fotografica e studiare attentamente prima di eseguire il lavoro poichè spesso un determinato motivo era caratteristico di specifici mezzi o modelli impiegati in un determinato teatro di operazioni ed in un determinato periodo storico.
Tecniche per riprodurre lo zimmerit in modellismo statico
Si è già scritto molto sulle tecniche per realizzare questa particolare e caratteristica finitura superficiale dei tank tedeschi impiegati durante la seconda guerra mondiale ed ogni modellista ha un proprio metodo col quale riprodurre lo zimmerit ma si tratta fondamentalmente di varianti delle due seguenti tecniche:
- a freddo attraverso l’uso di stucco epossidico bicomponente tipo Milliput steso direttamente sulle superfici da trattare o creando sottili sfoglie da ritagliare ed applicare e quindi testurizzare usando la punta di un cacciavite, una spatolina dentata (ce ne sono in commercio di quelle fotoincise) o una rotelina zigrinata che rotolando sulla superficie di stucco fresco lascia la caratteristica impronta;
- a caldo attraverso l’utilizzo di un pirografo o minisaldatore dotato di una sottile punta con la quale si incide il motivo direttamente sulla plastica.
Vi sono in realtà altri sistemi che recentemente hanno preso piede, soprattutto tra coloro che non hanno dimestichezza con i precedenti metodi e cioè le superfici testurizzate realizzate in fotoincisione (soprattutto per la piccola scala), da applicare con l’uso di cianoacrilato alle piastre corazzate del modello o, similmente, fogli di piccolo spessore realizzati in resina da ritagliare e applicare allo stesso modo.
Alcuni costruttori artigianali hanno poi realizzato interi kit di superdettaglio in resina che vanno a ripridurre e sostituire interi pezzi dei kit originali in plastica sui quali viene riprodotto assai fedelmente il caratteristico motivo.
I pro sono sicuramente la velocità di esecuzione sul proprio modello della finitura desiderata e l’uniformità (forse eccessiva?) della stessa.
I contro si riducono all’elevato costo di questi articoli di “aftermarket”.
Personalmente preferisco il metodo originale, quello usato in fabbrica sui mezzi reali.
Tecnica a freddo: Cosa serve per cominciare
- Stucco epossidico bicomponente tipo Milliput;
- Un bicchiere di acqua per inumidire attrezzi e dita durante la lavorazione;
- Un piccolo cacciavite piatto o attrezzo similare (larghezza lama circa 3-3,5 mm);
- Spatoline dentellate o eventuali attrezzi appositamente realizzati;
- Nastro adesivo di carta;
- Un righello graduato;
- Un tagliabalsa o cutter;
- Carta assorbente per la pulizia degli attrezzi.
La superficie del modello da coprire con questa finitura dovrà essere preparata mascherando le parti non interessate con del nastro di carta debitamente ritagliato, allo stesso modo in cui maschereremmo delle parti durante la verniciatura: si pensi per esempio allo spazio occupato dai parafaghi sulle corazzature delle fiancate del Tigre I o quello occupato dalle protezioni degli scarici sulla piastra posteriore.
Una volta predisposte le superfici preparo un po’ di stucco bicomponente tipo Milliput, preventivamente manipolato per ottenere la giusta consistenza e mescola, e lo lavoro fino a realizzare una sfoglia molto sottile.
Questa viene stesa sulla superficie da trattare (c’è chi la irruvidisce con una fresa per consentire una maggiore presa del materiale) e viene fatta aderire lavorandola con le dita inumidite di acqua per spianarla e lisciarla il più possibile. E’ consigliabile procedere per limitate porzioni di superficie da coprire (8-9 cm2) per lavorare stucco sempre fresco e non avere problemi con la manipolazione del modello.
Sullo stucco ancora fresco passo poi una speciale spatolina dentellata che ho acquistato con un set di fotoincisioni di Royal Model (ma ce ne sono in commercio di altre marche, come per esempio la Tamiya, e di diversa foggia) che comprende diversi strumenti per realizzare lo zimmerit. In alternativa o in combinazione con queste è possibile utilizzare la punta appositamente affilata di un piccolo cacciavite piatto. In questo caso bisogna procedere tenendo lo strumento leggermente inclinato verso il basso e lasciando le impronte sullo stucco dall’alto verso il basso.
L’uso del cacciavite si impone quando si affrontano superfici irregolari o si deve riprodurre un motivo non lineare (vedi la particolare finitura “a raggiera” attorno alle evidenti bullonature sulle piastre maggiorate dell’Elefant).
Il movimento e la pressione della spatolina dentellata (dall’alto in basso per ottenere una scalettatura di tipo verticale, da sinistra a desta o viceversa, per quella orizzontale) pareggia ulteriormente e testurizza la superficie di stucco, asportando il materiale in eccesso. E’ importante inumidire gli strumenti utilizzati e interrompere le linee che si ottengono ogni 3-3,5 mm, scandendo così la testurizzazione secondo un disegno corretto.
Nel caso di motivi differenti si possono utilizzare a mò di timbro le piastrine di cui è corredato il set o costruirsi facilmente lo strumento dotato dell’impronta desiderata.
Si procede per piccole porzioni finchè si completa la superficie da ricoprire; a stucco ancora fresco e dopo aver effettuato le rifiniture del caso si rimuove il nastro di carta a protezione delle aree da non coprire con lo zimmerit ottenendo puliti spazi sulle piastre del nostro veicolo, pronti ad accogliere i dettagli nelle successive fasi di montaggio.
Foto di un BergeElefant sul fronte italiano nel 1944, tratta da: “Karlheinz Munch, Combat history of Schwere Panzerjager Abteilung 653, J.J. Fedorowicz Publishing Inc., 1977″
Tecnica a caldo: cosa serve per cominciare
- Un minisaldatore con punta fine o il proprio saldatore elettrico con una punta realizzata con un ago per lana o una lama sottile a punta proveniente da un ricambio di cutter;
- Una matita ed un righello;
- Colla liquida per polistirene.
Questa tecnica è indicata prevalentemente per la piccola scala (1/72 o più piccola) poichè si va ad incidere direttamente la superficie della corazzatura del veicolo da ricoprire di zimmerit.
Si comincia con il tracciamento con la matita delle linee parallele che individuano la larghezza in scala della scalettatura da riprodurre (si tenga presente che nella realtà si aveva una larghezza approssimativa media di una dozzina di centimetri).
Si collega il minisaldatore e lo si porta in temperatura, quindi si comincia a tracciare con la punta una serie di righe parallele sulla plastica da un capo all’altro degli spazi delimitati a matita. E’ un procedimento tedioso e la plastica fondendo potrebbe filare rendendo un po’ più “sporca” ed irregolare la testurizzazione della superficie. A tal proposito il passaggio leggero con un pennellino imbevuto di colla liquida per polistirene ci aiuterà a rendere più omogeneo il risultato.
Esempio di applicazione di tecniche differenti per scale differenti sul medesimo veicolo (Jagdpanzer IV L48): In scala 1/35 (metodo “a freddo” con uso di cacciavite) e in scala 1/72 (metodo “a caldo”).